Alessandro Diamanti, genio e sregolatezza al servizio del calcio

Pubblicata il 20/05/2022
Alessandro Diamanti, genio e sregolatezza al servizio del calcio
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Mai banale in campo, con giocate illuminanti di un estro particolare, né fuori, grazie a delle scelte che la stragrande maggioranza dei suoi colleghi non avrebbe mai fatto. Alessandro Diamanti è un giocatore che spesso ha scaldato il cuore delle proprie tifoserie, non solo per quel sinistro nettamente sopra la media, ma per merito dell’atteggiamento e del cuore che ha messo ogni volta che è sceso in campo. L’ha fatto partendo dalle giovanili del Santa Lucia, società da cui sono usciti fuori altri grandi calciatori come Paolo Rossi e Bobo Vieri, conoscendo davvero i campi di provincia e arrivando in Serie A a 24 anni, al Livorno, direttamente dalla Serie C2, una categoria troppo stretta per uno così. È sceso subito in B con i toscani, l’ha riportati in massima serie per poi volare al West Ham, per volontà di mister Zola, andando via dopo un solo anno davvero positivo, per riconquistare la nazionale. Una scelta che forse “Alino” non rifarebbe ma che gli ha permesso di vivere da protagonista l’esperienza di Euro 2012, con la gioia del quinto e decisivo rigore segnato nei quarti di finale contro l’Inghilterra, un flash indimenticabile per uno che ha sfiorato, senza mai arrivarci, le big italiane. Come nel 2014, quando dopo delle annate super a Bologna ha scelto la Cina, per un solo anno, coinciso però con l’unico titolo della sua carriera, per poi tornare in Italia, girovagando un po’ con un passaggio ancora in Inghilterra al Watford, prima di tornare come promesso a Livorno in Serie B. Un’altra stagione da protagonista a 36 anni che portò i labronici alla salvezza, ma non al rinnovo di contratto. Ancora libero di scegliere dove andare, Diamanti ha stupito tutti, optando per una scelta di vita: l’Australia. Con il neonato Western United, ha vinto subito il premio di MVP del campionato con la fascia di capitano al braccio, perché spesso nel calcio per essere felice non conta solo alzare trofei, ma essere sé stessi fino alla fine.