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Dino Zoff compie gli anni, il numero uno dei portieri festeggia 80 anni

Pubblicata il 28/02/2022
Dino Zoff compie gli anni, il numero uno dei portieri festeggia 80 anni
©Shutterstock/No use without permission
Altro che smanacciate, altro che deboli respinte: il 5 luglio 1982, a un minuto dalla fine di un'Italia-Brasile ormai nel mito, Dino Zoff misurò come un computer la traiettoria di un colpo di testa diabolico del difensore Oscar, aspettò il rimbalzo del pallone e lo serrò tra le mani, schiacciandolo sulla linea di porta. Sulla linea, non oltre, altrimenti non avremmo mai festeggiato il terzo mondiale azzurro. E mentre gli italiani al video perdevano qualche anno di vita, lui, che di anni ne aveva già quaranta, si rialzò e fece di no con l'indice, un gesto che ebbe la stessa autorevolezza della moderna goal-line technology. Perché Dino Zoff, esempio massimo di serietà e rettitudine, non avrebbe mai barato. Oggi che compie 80 anni, Zoff può essere considerato una leggenda senza tempo. Di sicuro non vecchio, se non altro perché non è stato mai considerato giovane. La sua parabola agonistica contraddisse in pieno lo stereotipo del portiere estroso, matto e guascone. Lui era scientifico, si tuffava solo se era necessario, barattava la teatralità con il senso della posizione. Trascorse gli anni verdi tra Udinese e Mantova, prima di offrire una rassicurante maturità al Napoli. Nel 1972, a 30 anni suonati, lo prese la Juve, per un decennio da favola. Per la precisione, undici stagioni senza mai saltare una partita di campionato.
Nella prima parte della sua interminabile carriera azzurra (112 presenze dal 1968 al 1983) ha vissuto una sentita rivalità con il fascinoso Ricky Albertosi, lui sì teatrale, acrobatico ed estroso, ma comunque fortissimo. Diversi in tutto, anche nelle divise: Albertosi indossava magnetici maglioni gialli o rossi, Zoff rinnegò il nero solo per approdare a un prudente grigio. Ricky giocò da titolare il mondiale 1970, Zoff fu preferito nel vittorioso europeo del 1968 e prese definitivamente il sopravvento nel corso degli anni Settanta. Una delle sue prestazioni più gloriose coincide con un'amichevole, che in realtà fu più intensa di una finale. Wembley, 14 novembre 1973, l'Italia di Valcareggi andò a vincere per la prima volta nel tempio inglese, dopo decenni di frustrazioni. I bianchi assediarono gli azzurri dall'inizio alla fine, Zoff quella volta volò eccome, da un palo all'altro, letteralmente insuperabile. Si sa poi come finì: spunto sulla destra di Chinaglia, tiro-cross ribattuto da Shilton, tap-in storico di Capello.
Il fatto di essere considerato un monumento, non evitò a Zoff le forche caudine di una critica dura, perfino cattiva. Accadde ai mondiali del 1978. Aveva 36 anni, prese due gol da lontano nella gara con l'Olanda che valeva la finale, poi ancora due gol dalla distanza con il Brasile, nella finale per il terzo posto. Lo bollarono come vecchio nella più benevola delle ipotesi, altri chiamarono in causa una presunta miopia. Dino ingoiò in silenzio, e quattro anni dopo fu lui ad alzare la Coppa del Mondo al Santiago Bernabeu. Il calcio però stava cambiando: da allenatore, con la Juve, stava facendo un buon lavoro, ma siccome non era “fashion” lo sostituirono brutalmente con Maifredi, che era alla moda ma in bianconero fallì clamorosamente. Dino si rifece con la Lazio di Cragnotti, preparando prima da tecnico e poi da presidente un grande ciclo di vittorie.
Quanto alla sua parentesi da commissario tecnico, arrivò a qualche secondo dal titolo europeo, nel 2000, poi diede le dimissioni, dopo una intemerata di Berlusconi, presidente del Milan nel pieno della sua carriera di capo politico, che gli diede del dilettante per una presunta mancata marcatura di Zidane. «Dal signor Berlusconi – disse – non prendo lezioni di dignità». Nessuno, del resto, ha mai potuto dargliene.
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