George Best, l’artista del calcio che amava la vita

Pubblicata il 04/04/2022
George Best, l’artista del calcio che amava la vita
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Il miglior calciatore britannico della storia. Potrebbe bastare già questa definizione per raccontare una carriera splendente, non se ti chiami George Best. Un cognome da predestinato, per un rivoluzionario capace di segnare un’epoca, il quinto “Beatle”, come era stato soprannominato per la somiglianza ai quattro della band di Liverpool, partito teenager dai sobborghi di Belfast e diventato nel giro di pochi anni a diventare il re dell’Inghilterra. “Credo di averti trovato un genio” così recitava il telegramma inviato dall’osservatore del Manchester United Bob Bishop a Matt Busby, tecnico del club inglese. Il fiuto dello scout dei Red Devils, rimasto immediatamente folgorato dal talento cristallino di Best, non sbagliava: dopo pochi minuti di un provino la certezza di avere in casa un diamante. Un inizio che però non fu in discesa, anzi, con il ragazzo di ritorno in Irlanda del Nord dopo soli due giorni, per poi essere a convinto a tornare. Fu quello il primo campanello d’allarme di un carattere non facile, per un ragazzo sensibile e timido, qualità che però non faceva trasparire in campo e fuori. A Best infatti bastò davvero poco per prendersi la scena e diventare già a 18 anni il leader tecnico incontrastato di una formazione guidata subito allo scudetto nel 1964-65. A quella stagione ne seguirono altre formidabili, un vero piacere per gli occhi, con il picco raggiunto nel 1967-68 quando trascinò il Manchester alla conquista della Champions League seguito dalla vittoria personale del Pallone d’Oro, a soli 22 anni. Così giovane e già “arrivato” per una gloria vana ed effimera sia per il club, che iniziò un incredibile periodo di declino che per il giocatore, sempre più protagonista al di fuori del campo, con gli impegni di squadra passati ormai in secondo piano. Fu dopo un dicembre passato più tra i pub che sul campo e l’ennesima sparizione che si arrivò nel 1974 al licenziamento. A soli 28 anni finì di fatto la carriera a grandi livelli di Best, chiamato poi a girovagare tra serie minori britanniche e calcio statunitense, senza più raggiungere quei picchi sensazionali visti nel suo momento di massimo splendore. Un finale troppo sottotono per un campione così, naufragato in una vita piena di eccessi che lo porterà troppo presto sul viale del tramonto della vita per problemi di salute legati all’alcol. Negli ultimi giorni forse il gol più bello: chiese ai tabloid inglesi di mettere in prima pagina una sua foto in condizioni disperate con la didascalia ”Don’t die like me” ovvero “Non morite come me”, l’ultimo capolavoro di un artista del calcio, nel senso più puro del termine, tanto meraviglioso quanto dannato.