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Milan: 40 anni fa la retrocessione in Serie B, oggi la lotta per lo scudetto

Pubblicata il 27/10/2021
Milan: 40 anni fa la retrocessione in Serie B, oggi la lotta per lo scudetto
©Shutterstock/No use without permission
è una delle società di calcio più titolate al mondo e oggi, dopo un periodo opaco, è tornata quanto meno ai vertici nazionali. Sembra quasi strano ricordare che in questa stagione ricorre il quarantennale dell'annata più amara nella storia del Milan, conclusa con una inopinata retrocessione. Non era una primizia assoluta, peraltro: anche due stagioni prima il Diavolo aveva conosciuto il baratro della cadetteria, ma si trattava di un castigo per il coinvolgimento nel primo, grande scandalo scommesse del calcio italiano. Nel 1981-82, invece, la retrocessione fu esclusivo frutto di quanto accadde in campo. I problemi cominciarono subito: la società e il suo presidente, l'oscuro Gaetano Morazzoni, non potevano garantire una campagna acquisti da scudetto. I due arrivi più eclatanti furono quelli dei trentenni Adelio Moro, centrocampista con un passato interista, e Joe Jordan, detto lo “Squalo” (perché quando giocava si toglieva gli incisivi), centravanti del Manchester United. In ogni caso, la rosa era di buon livello, con sei reduci dello scudetto della Stella, anno 1979: Franco Baresi, Maldera, Collovati, Buriani, Antonelli, Novellino. Senza contare giovani come Tassotti e giovanissimi come Icardi, Evani, Incocciati e Battistini.
La squadra, affidata all'ex mediano rossonero Gigi Radice, ebbe una partenza da incubo. Nelle prime sette giornate non si vide un gol “vero” del Milan, dato che l'unica vittoria, 0-1 a Napoli, scaturì da un'autorete del difensore partenopeo Ferrario. La mestizia toccò livelli epocali l'8 novembre 1981, in occasione di Milan-Como, penultima contro ultima in classifica. Jordan aprì le marcature, Lombardi pareggiò su rigore e finì così. I tifosi contestarono, sui giornali si lessero commenti acri, come quello di Carlo Grandini, che sul Corriere della Sera definì il match «quella cosa di San Siro che pare fosse una partita». Privo per quattro mesi di Baresi, il suo uomo migliore, il Milan rimase a lottare penosamente nei bassifondi per tutto il campionato. Non ebbe effetto neanche il cambio di presidenza in corso d'opera, da Morazzoni a Giussy Farina. Dopo la sconfitta interna con l'Udinese, alla prima di ritorno, saltò anche Radice, sostituito dal suo secondo Galbiati. La squadra però si svegliò soltanto nelle ultime cinque giornate, ottenendo tre vittorie e due pareggi.
Il turno finale fu un thriller strappacuore. Con il Como già retrocesso, a giocarsi la salvezza erano tre grandi decadute, Milan, Bologna e Genoa, in lotta per un solo posto. I rossoneri rimontarono a Cesena dal 2-0 al 2-3 e a dieci minuti dalla fine erano salvi. Poi da Napoli arrivò una notizia ferale: il Genoa aveva agguantato il pareggio, con il quale si garantiva la salvezza. Andarono giù Milan e Bologna. Sembrano passate ere geologiche: ritornato in A, il Diavolo ebbe qualche annata di assestamento, prima di conquistare il mondo con la presidenza Berlusconi e l'arrivo di Sacchi, Gullit e Van Basten. In quello squadrone memorabile c'erano anche Baresi, Tassotti ed Evani, i soli ad aver vissuto il disastro del 1982.
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