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Da Camoranesi e Thiago Motta al possibile esordio di Joao Pedro: la storia degli “oriundi” in Nazionale
Pubblicata il 24/11/2021
©Shutterstock/No use without permission
«Joao Pedro ha la cittadinanza italiana, non vedo perché non possa essere convocato da Mancini, in un momento in cui mancano gli attaccanti». Le dichiarazioni del ds del Cagliari Capozucca, pronunciate nel corso di un intervento radiofonico, sembravano un po' buttate lì; con il passare dei giorni, invece, hanno acquisito concretezza, tanto che su richiesta della Figc il club sardo ha fornito la documentazione per avviare le pratiche che renderebbero il giocatore convocabile, in vista dei temuti playoff per l'ammissione ai mondiali. Brasiliano di nascita, Joao Pedro ha acquisito la nostra cittadinanza quattro anni fa, dopo aver sposato una donna italiana, conosciuta quando giocava nel Palermo. In base alle normative, è quindi arruolabile, tenuto conto che finora non è mai sceso in campo con la nazionale brasiliana, a parte qualche apparizione con l'Under 17 risalente a più di dieci anni fa. «Sono nato in Brasile, ma tutto quello che ho conquistato me l'hanno dato l'Italia e la Sardegna – ha detto il numero 10 rossoblù a Sky - Andare in Nazionale sarebbe qualcosa di unico». Un atteggiamento entusiastico che contrasta con le dichiarazioni fatte a un sito brasiliano qualche tempo fa, nelle quali il numero 10 del Cagliari si diceva innamorato della Seleçao e per questo pronto a «non andare più in nazionale, piuttosto che andarci con l'Italia». Le idee cambiano, evidentemente, così come nel corso dei decenni sono cambiati gli orientamenti del calcio italiano sull'impiego in azzurro di italiani “acquisiti”. Una volta si parlava soltanto di “oriundi”, cioè di atleti nati all'estero ma con sangue italiano. La Nazionale di Pozzo, bicampione del mondo, costruì proprio sugli oriundi parte delle sue fortune. Specialmente nel mondiale italiano del 1934, vinto con l'apporto fondamentale degli italo-argentini Monti, Orsi e Guaita, mentre nel 1938 l'unico oriundo fu l'italo-uruguaiano Andreolo. Nel dopoguerra, però, le origini italiane divennero più lontane e discutibili, dai genitori si passò ai nonni e poi ad avi lontani, più o meno reali. Approdarono in azzurro grandi campioni come Schiaffino, Ghiggia, Da Costa, Altafini e Sivori, ma i risultati furono scarsi e i nuovi oriundi furono accusati di scarso amor patrio. Seguì una lunga chiusura, fino al nuovo millennio e alla convocazione di Camoranesi, campione del mondo nel 2006, che aprì la strada ai vari Thiago Motta, Osvaldo, Eder, fino agli oriundi campioni d'Europa: Jorginho, Toloi e Palmieri. Il caso di Joao Pedro però sarebbe diverso: non c'entra lo “ius sanguinis”, ma lo stato civile. Dettagli, in fondo, rispetto alla superiore esigenza di guadagnarsi un viaggio in Qatar.